Bibbia e Musica
<<Sono canti per me i tuoi insegnamenti>>
(Sal 119,54)
Provate a mettere a confronto il cielo con un oceano. Sembrano distanti, separati. Ma qualcosa di aereo, di imprendibile, di leggero, si interpone tra l’uno e l’altro permettendo al cielo di specchiarsi nel mare e forse anche al mare di avere una sua presenza in cielo (se potessimo vederlo).
Immaginiamo qualcosa di simile tra la Bibbia e la musica e, in particolare, il canto. I musicisti hanno composto un oceano di composizioni perché il cielo della Bibbia potesse risplendere sulla terra e rispecchiarsi nel mare. Alla ricerca di una relazione.
Ma come esprimere la loro relazione? È facile e semplicistico dire Bibbia e Musica (come potremmo anche dire Musica e Bibbia). Ma quella congiunzione “e” come può essere specificata?
Proviamo a relazionarli precisando che in questa interazione Bibbia e Musica consideriamo la Bibbia un codice generativo, cioè un autorevole testo che ha generato, messo alla luce, permesso di esistere, ha fatto nascere, ha indotto a creare, ha permesso di…, cioè la Bibbia è riconosciuta una sorgente nella quale, della quale e dalla quale la musica (con i suoi canti, suoni, strumenti, musicisti, funzioni e finalità…) ha trovato e trova di che comporsi ed ispirarsi.
1.La Musica nella Bibbia
<<È curioso notare che in pratica non esiste nell’ebraico biblico un vocabolo specifico per definire la musica, tant’è vero che l’ebraico moderno ricorre alla trascrizione mûsîqah del nostro “musica”. I vocaboli musicali sono squisitamente sacrali e liturgici. Si comprende, allora, come l’orizzonte musicale liturgico sia vasto e quasi onnicomprensivo e come il musico o il cantore debba essere un uomo consacrato, ispirato, profetico e sacerdotale>>.
Né la Bibbia ha una propria teoria musicale. Gli uomini della Bibbia praticano le concezioni/prassi musicali del loro tempo e del loro territorio nella misura in cui non siano idolatriche e permettano di cantare e ‘suonare’ le lodi del Signore. L’espressione “Lodate il Signore” (halelûyāh) risuona nel Salmo 150 come incipit di pentagrammi poetici e musicali in cui gli strumenti dell’orchestra del Tempio sono invitati ad esprimere con la voce del loro suono il riconoscimento di lode al Signore (JHWH-‘Adonāy).
2.La Musica della Bibbia
<<Il canto non si limita, […] ad essere un modo di pronunciare la Tôrāh; nel canto si rivela l’anima della Scrittura; il canto interpreta la Tôrāh; ne scopre ogni volta lo spirito. Nel canto vocalico il cantore-esegeta rivela lo spiritus della Tôrāh; la sua voce si trasforma il questo spiritus>>.
Nella liturgia ebraica e cristiana il testo biblico è interpretato con il canto. Il canto e la musica cioè non sono soltanto contenitori di parole del testo biblico ma rinnovata riscoperta dell’ispirazione che oggi quel testo suscita in quel lettore-cantore-compositore e che l’assemblea rinnova e liturgicamente attualizza.
La stessa Bibbia è considerata un strumento musicale ac-cordato, una partitura sinfonica ed un concerto armonico: <<Tutta la Scrittura è come uno strumento a corde: come una corda non genera armonia da sola ma con le altre, cosi una citazione della Scrittura è in relazione con un’altra, per cui una citazione è correlata a milla altre>> (san Bonaventura da Bagnoregio) <<affinché l’armonia musicale possa risultare non solo dalla vibrazione delle corde, ma anche dalla loro risonanza>> (Ugo di San Vittore); <<i due Testamenti che compongono l’unica Scrittura, fanno con la loro concordia un unico concerto>> (Henri de Lubac).
3.La Musica (e il canto ispirato) dalla Bibbia
Qui la relazione Bibbia vs Musica è precisata non tanto dalla provenienza generativa della Musica dalla Bibbia ma soprattutto dalla qualità di questa provenienza. Quella Musica che si relaziona con la Bibbia ne assume anche la sua qualità imprescindibile: il cantore e il musicista sono ispirati nel cantare e nel comporre musicalmente parole-voce-suoni. Sono ispirati come l’agiografo, ma in proporzione e in analogia alla ispirazione dell’agiografo nel suo tempo di redazione del testo biblico. E se il musicista non è credente? La Bibbia come ogni testo letterario gli riserva una potenzialità ispirativa e generativa di creatività. Potenzialità ispirativa che nel musicista credente si rinnova e si effonde nella sua esperienza di fede e di fedeltà alla Parola di Dio di cui il testo biblico è ‘incarnazione’ e la liturgia memoria salvifica.
Bach, ma anche musicisti come Haydn, termina spesso di scrivere le suo note con la ‘sigla’ <<S(oli) D(eo) G(loria)>>.
Al di là del ‘mistero’ ispirativo che Dio riserva ad ogni suo ‘lettore’, credente e non credente, perché solo lui conosce il cuore degli uomini. Certo, se per il musicista credente la Bibbia è il testo della Parola di Dio ispirante la sua musica, per il non credente la Bibbia è un pretesto letterario, culturale, vocale, strumentale, iconografico… riconosciuto (verbo di fede culturale!) il migliore (per diversi motivi non ultimo quelli esistenziali e personali) per poter comporsi con il suo canto e la sua composizione e permettergli di comunicare con gli uomini secondo un suo progetto di vita culturale e sociale.
Una Bibbia senza canto e senza musica?
Cassiodoro insegnava che quando Dio vuole prendere la sue distanze dagli uomini e privarli della Sua presenza, li priva dell’ispirazione musicale e della musica stessa. La riflessione di Cassiodoro si può documentare e constatare ogni qual volta nella storia della salvezza il popolo di Dio si disarmonizza, si scompone ed infrange la sua relazione di fedeltà con Dio come quando una partitura musicale di una sinfonia non è interpretata secondo il suo compositore, ma secondo l’arbitrio, l’improfessionalità, l’infedeltà esecutiva di un direttore e degli esecutori (strumentisti e cantanti).
Ecco come la Bibbia descrive musicalmente questa disalleanza, dis-accordo ed infedeltà con Dio: <<È cessata la gioia dei timpani […] / è cessata la gioia della cetra. / Non si beve più il vino tra i canti>> (Is 24,8-9). <<I giovani hanno disertato i loro strumenti a corda. / La gioia si è spenta nei nostri cuori, / si è mutata in lutto la nostra danza>> (Lam 5,14-15); <<Farò cessare lo strepito delle tue canzoni / e non si udrà più il suono delle tue cetre>> (Ez 26,13); <<Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, / abbiamo cantato un lamento / e non vi siete battuti il petto!>> (Mt 11,17). <<La voce dei suonatori di cetra dei musicisti il flauto di chi canta e la tromba non si udrà più in te […] la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te>> (Ap 18,22-23).
Impariamo a cantare la Bibbia
Queste parole sono un monito per come cantare durante la liturgia, per come proclamiamo la Parola di Dio nella liturgia della Parola e come preghiamo la stessa Parola di Dio e la interpretiamo e attualizziamo nell’omelia: spesso il tutto è tra il monòtono e il monotòno, tra un alleluia che sembra una lamentazione e non un giubilo di lode, tra una dilatazione calante e quasi ‘varicosa’ che non giustifica il testo e non lo rende comprensibile e un’accidia per abbreviarlo ed estinguerlo nella nostra lentezza.
Un’esperienza particolare di dare voce al testo biblico è quella dei catechisti e dei docenti di religione: la voce e la sua gestione comunicativa in tutte le funzioni del suo linguaggio condizionerà l’ascolto e la stessa comprensione. Per cui prima di ‘leggere’ un testo biblico bisogna imparare a leggerlo, a studiarlo, a pregarlo, a farsene un cielo sotto il quale abitare ed un oceano in cui cominciare ad imparare a nuotare. Per non vivere una vita ‘s-tonata’ e in disaccordo con Dio e con gli uomini. Ma anche per fare della nostra vita un canto personale e corale: <<Intonerò canti soavi e intesserò inni perché la mia persona anela a Te>>.
di Pasquale Troia
dalla rivista “ Tempo pieno”
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