La partecipazione alla Liturgia fondamento della vita cristiana

La partecipazione ha un fondamento sacramentale.

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Esagerazione.

Una significativa innovazione della riforma liturgica è senza dubbio il ripristino della processione offertoriale, di cui dà testimonianza già Giustino (+165) nella sua Prima Apologia.

Recita il n. 140 dell’OGMR: «È bene che la partecipazione dei fedeli si manifesti con l’offerta del pane e vino per la celebrazione dell’Eucaristia, sia di altri doni, per le necessità della Chiesa e dei poveri». Dunque non si portino nella processione offertoriale: cartelloni, bibbie e altri segni che rischierebbero di trovarsi fuori luogo o di distorcere il senso di un tale atto rituale.

La Liturgia cristiana deve sempre caratterizzarsi per la misura e l’armonia delle sue componenti: parole e gesti, canto e silenzio, Liturgia della parola e Liturgia eucaristica, presidenza e ministerialità, monizioni e omelia devono rispondere a una precisa regìa che sappia determinarne la durata e l’espressione.

Presenze ingombranti.

Le persone chiamate a svolgere un ruolo nella Liturgia sono dette “ministri” e “ministranti”, sono cioè “al servizio” del Signore e dell’assemblea. Con le parole e i gesti devono lasciar trasparire e cogliere la presenza del Risorto. Guai se, con la loro invadenza, impedissero o rendessero più difficile questo passaggio dai segni al significato!

Pertanto, nella celebrazione è necessario che siano presenti e operanti in modo discreto e solo per l’indispensabile, quasi invisibili, per non disturbare il raccoglimento, l’ascolto, il dialogo orante. Tutto deve essere finalizzato a una partecipazione attiva, ma soprattutto pia. Se una celebrazione non aiuta i fedeli a entrare in contatto col Signore è sprecata.

Alcune conseguenze pratiche.

Preparare tutto in anticipo, ad evitare agitazione e improvvisazioni con conseguente distrazione di tutti. La serietà nella preparazione garantisce serenità nella celebrazione.
Solo i concelebranti restano in piedi durante la consacrazione, gli altri ministri (compreso il diacono) e i ministranti s’inginocchiano.

Conclusione.

In conclusione, tutte le modalità più o meno avanzate di partecipazione hanno come ultimo scopo quello di guidare i fedeli a entrare nel cuore della celebrazione. È chiaro che non si tratta di una “comprensione” in senso intellettuale e neanche in senso sentimentale o di gusto, ma nel senso che la fede viene aiutata dai segni celebrativi a cogliere il di più, che è al di là del segno stesso, ed entrare nel mistero pasquale di Cristo; per cui i mezzi espressivi presuppongono e insieme aiutano la fede e la disponibilità all’impegno almeno incipienti dei partecipanti. Se mancassero queste condizioni di fede e di impegno, la partecipazione sarebbe solo attivistica e la celebrazione non raggiungerebbe il suo scopo.