Musica e Canto nella Liturgia

Il canto, assieme a tutti i suoi connotati, è un linguaggio tipicamente umano.

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La situazione attuale.

Si assiste oggi a scontri tra posizione opposte. In SC e MS si evidenziano posizioni contrastanti e tentativi di compromesso. La polemica è durata nel post Concilio, contrapponendo sacro e profano, tradizionale e moderno, artistico e consumistico, musica e Liturgia, schola e assemblea. Spesso non si è voluto dialogare, ma solo sventolare bandiere, difendere posizioni. Ci sono dei nostalgici dei bei tempi andati, ma anche dei fautori del moderno a oltranza. Occorre favorire lo sviluppo di una musica di arte liturgica, capace di mediare tra antico e moderno. Liturgia e musica sono profondamente intrecciate; nostro compito è di salvaguardare un autentico patrimonio, ma anche di dialogare con la contemporaneità.

La produzione musicale. È immensa, libretti, raccolte più o meno voluminose, riviste, fascicoli anche estemporanei, prodotti da monasteri, movimenti ecclesiali, parrocchie. In questi ultimi 50 anni sono stati diffusi almeno 40.000 canti nuovi di vario genere e valore: dall’utilizzazione dei testi biblici fino alle pie effusioni di una certa moda di riferimenti vagamente ecologici.

Celebrar cantando.

Occorre prendere atto di un vasto coinvolgimento di tanti musicisti, ma bisogna anche guardarsi dall’improvvisazione di molti dilettanti. Perciò, accanto a pagine veramente di nobile fattura, vi sono anche, purtroppo in percentuale maggiore, prodotti scadenti sia come forma letteraria e musicale sia come destinazione liturgica. C’è anche una certa confusione tra il campo genericamente religioso e l’ambito squisitamente liturgico (es.: «Dolce sentire», «Pace a te», «Viaggio nella vita» ecc.).

Il Discernimento. Spesso, utenti sprovveduti, non sono aiutati da recensioni intelligenti e rimangono vittime della forte propaganda editoriale, tanto più che oggi molti canti si diffondono per didattica indotta, cioè per contagio e imitazione e non dopo un’attenta analisi del testo e in seguito a serio e paziente apprendimento: così alcuni canti vengono eseguiti deformati e sono ormai quasi irriconoscibili! Di fronte alla fatica che occorre per educare l’assemblea a cantare, è in agguato la tentazione di ritornare al passato, recuperando pochi canti popolari (gregoriani) oppure di delegare a un piccolo gruppo il compito di assumersi quasi totalmente la parte musicale della celebrazione, escludendo di fatto l’assemblea.

Tutto ciò è dovuto sia a una insufficiente presidenza, incapace di sostenere il dialogo canoro, sia all’assenza di un’accorta regia celebrativa. Occorre piuttosto superare gli schematismi, i preconcetti che rischiano di congelare il dialogo e aprono la porta a prassi celebrative rifacentesi a ecclesiologie parziali. II criterio di valutazione di un canto perché sia liturgico è dato dall’effettivo impiego del canto come pezzo liturgico. Il buon funzionamento di un canto non si verifica semplicemente nelle buone intenzioni dell’autore o dell’interprete, ma nell’uso che se ne può effettivamente fare in un’assemblea celebrante.

Perciò ogni brano va scelto in anticipo, verificando se è in armonia con questa concreta celebrazione, che offre questo determinato messaggio centrale (Liturgia della Parola), si situa in questo preciso tempo e giorno liturgico, in questo contesto ambientale, con questa concreta assemblea, con le sue effettive possibilità di esecuzione (Cfr.. SC 24). «Nelle celebrazioni si dia grande importanza al canto, tenuto conto della diversità culturale delle popolazioni e delle capacità di ciascun gruppo» (OGMR 40).

I brani cantabili in una Messa festiva potrebbero essere dodici, ma è chiaro che non si possono eseguire tutti! Anche qui occorre fare una scelta, tenendo però presente che c’è una gerarchia delle parti cantabili (Cfr.. MS 28-31) e c’è una gerarchia dei giorni liturgici. I giorni feriali non sono domenica; Pasqua, Pentecoste, Natale non sono come una domenica normale. Bisogna evitare il livellamento, che non fa più percepire le “emergenze” festive.